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Robert Frank, The Americans. L'altra faccia del sogno americano

The Americans é un capolovaro indiscusso della fotografia del Novecento. Raccontando il lato meno patinato dell' American dream, i suoi scatti hanno lasciato un segno indelebile nella storia della fotografia.




Robert Frank, la vita e la carriera


Robert Frank è stato uno dei più grandi street photographers del XX secolo.


Il suo percorso inizia in Europa, precisamente in Svizzera, dove essendo di religione ebraica rimane al sicuro con la sua famiglia sfuggendo alle persecuzioni naziste. Comincia a lavorare come assistente fotografo e a girare per il mondo fino a trasferirsi negli Stati Uniti, che in quel momento erano un centro culturale in continua espansione. Poco prima di trasferirsi riesce ad auto-pubblicarsi per la prima volta, in un’esposizione chiamata 40 Photos. Negli USA viene invece assunto come fotografo di moda, e allo stesso tempo a fare il reporter in America Latina.


Il fotogiornalismo diventa ben presto la sua vocazione, tanto da fargli vincere una borsa di studio che gli consentirà di viaggiare per tutto il continente. Riesce a raccogliere migliaia di scatti, circa 24 mila: tra questi seleziona 83 fotografie che gli permetteranno di fare un enorme salto di qualità. Vengono pubblicate prima a Parigi con il titolo Les Américains, poi negli USA come The Americans.


Gli scatti sono da subito controversi: Frank, che era emigrato in America affascinato dalla modernità delle metropoli e dal sogno americano, scopre ben presto i volti più nascosti del Paese. Ignoranza e diffidenza popolano i suoi scatti, fame e povertà vengono affiancate a sguardi speranzosi e protagonisti eleganti.


Non ha preferenze di razza o di classe sociale, ma solo un senso di osservazione profondissimo, che lo spinge a scattare nei momenti in cui il soggetto è indifeso, quando la maschera sociale cade e rimane solo l’umanità. Ecco il sogno americano: l’individuo, spogliandosi dei suoi sogni di grandiosità, per un attimo rimane invischiato nella realtà. La critica del tempo non apprezza né il nuovo stile né la critica alla società; l’amarezza che permea le foto di Frank viene respinta con convinzione e il fotografo decide, disilluso, di abbandonare la sua carriera e iniziare col cinema.


Si dedica alle riprese per quasi vent’anni, finché la perdita di entrambi i figli non lo avvicina di nuovo alla fotografia. La seconda raccolta, The lines of my hand, riflette i cambiamenti traumatici che l’autore ha vissuto e la sua amarezza nei confronti di un sistema che non lo aveva apprezzato, tutto attraverso pesanti modifiche alle foto.



Robert Frank, The Americans : Il libro che ha fatto la storia della fotografia




In The Americans le persone ritratte non sono quasi mai coscienti di essere fotografate: sono spesso scatti rubati, situazioni comuni ed emozioni di ogni giorno, che Frank è pronto a immortalare con mano esperta.


Pochi mantengono il contatto visivo, tra loro o con il fotografo; semplicemente sono persone che capitano insieme, per un attimo o per anni interi. L’autore sembra cogliere appieno la fugacità della vita: le foto in movimento -ma anche quelle con soggetti immobili- danno la stessa sensazione che si prova camminando per strada e guardando qualcuno di sfuggita. Sappiamo che la persona è lì, ma è uno sconosciuto.

È questo che si percepisce in tutti gli scatti: noi, attraverso Frank, siamo lo sconosciuto che si permette di tenere il contatto visivo per qualche secondo in più, attirando l’attenzione ostile di chi non vuole lasciare tracce. È il ritratto di un Paese grandioso, visto ancora oggi come guida politica e sociale, che guardato da vicino (ma nemmeno troppo da vicino) è fratturato da migliaia di problemi. Una nazione non coesa, che non si riconosce in un’identità o in una tradizione unica, ma solo nella speranza comune di avere una vita migliore; un patriottismo che si traduce solo in un inno e una mano su un cuore vuoto.


Siamo negli anni ’50, periodo in cui si passa dalle foto di soldati sorridenti, o almeno orgogliosi mentre si sacrificano per un ideale, a foto di volti ingrugniti e spenti che passano il tempo. Il cambio di prospettiva che offre Frank è evidentemente irritante per chi non vuole accettare la realtà. Le immagini propagandistiche vengono sostituite da tutto quello che doveva rimanere nascosto: il razzismo, i dubbi, la povertà e la violenza che ne conseguono, l’ipocrisia di sentirsi migliori in un mondo che precipita.


La grande ispirazione di Frank è Walker Evans, che gli insegna a cambiare metodo: non più foto composte e scattate in modo da avere un certo significato, ma foto che scelgono loro stesse il messaggio che vogliono trasmettere, inquadrature che si fanno da sole e persone che non vedono l’ora di raccontare una storia all’osservatore. E’ ovvia anche l’impostazione innovativa della street photography, che parte dagli scatti di Cartier Bresson e diventa man mano più profonda, più morbosa, più arrancante. Il contrasto pesante di ogni foto contribuisce a distanziarlo dalla prima influenza di Cartier Bresson per avviare Frank verso uno stile tutto suo.

Gli scatti sono disincantati, così come i soggetti non credono più nel sogno americano. Libertà e consumismo, posti di lavoro e razzismo dilaniante, glamour e nudità non artistica ma arida, ostentata. Ognuna di queste persone, totalmente diverse tra di loro, si unisce sotto la bandiera a stelle e strisce, simbolo quasi di un nuovo mondo, di un popolo volenteroso che si offre di salvare gli altri.


E invece questa bandiera, negli scatti di Frank, è uno spirito inquieto, un fantoccio dietro cui nascondere ingiustizie incredibili che ancora oggi non sono rimarginate.


La raccolta è una pubblica dichiarazione di disgusto. L’America è qualcosa di cui, in quel momento storico, non si può fare a meno, è la nuova opportunità che salva da una vita tragica, ma come un genitore sdegnoso: si tenta di sopportare le ingiustizie finché finalmente non si può sfuggire.


Il nuovo stile del fotografo fa emergere tutte questi pesanti difetti, che fanno crollare l’illusione di giustizia che ogni americano si era costruito. La sua Leica raccoglie continuamente sogni infranti, cosa che inizialmente non piacque alla critica, ma che ha trovato un pubblico molto più disponibile negli anni ’60 e successivi. La rabbia di The Americans non può che scoppiare negli anni delle lotte sociali, in cui un popolo distrutto e disomogeneo si rende conto di voler cambiare un sistema sempre più ingiusto.


Gli scatti spietati di Frank non lasciano alcun dubbio: è una testimonianza unica di un Paese unito e spezzato allo stesso tempo, nuovo e vecchio, estremamente ricco o estremamente povero, ingiusto ma che si crede giusto.


Ogni foto ci fa sentire l’inevitabilità della malinconia, della disillusione, della voglia di fuggire; anche se non c’è nulla di delicato o di allegro, però, non significa che queste immagini non possano essere un trampolino per guardare il passato e prenderne esempio.


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