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Shantaram, il racconto di un'epica latitanza che vi farà innamorare dell'India




Shantaram non é un libro di viaggio, ma l'autobiografia di Gregory David Roberts. Il racconto di un uomo in fuga che, fra mille peripezie, trova anche il tempo per riflettere sull'esistenza e l'umanità.


Per dirla con le parole dell'autore, Gregory David Roberts, Shantaram è una storia che “inizia come tante altre: una donna, una città ed un pizzico di fortuna". Ma è una descrizione davvero riduttiva e ne converrete anche voi, dopo aver letto le quasi 1200 pagine di questo romanzo autobiografico, pubblicato nel 2003 e sbarcato in Italia un paio di anni più tardi.

La donna è l'europea Karla, un personaggio enigmatico, affascinante e sempre invischiato in affari poco chiari; la città è Bombay, ma non quella visitata dai turisti, bensì quella degli slum, in cui amore, violenza e povertà si amalgamano formando un impenetrabile cortina di fumo, nella quale i suoi abitanti sembrano scomparire; il pizzico di fortuna è quello che gli consente di avere una seconda chance, dopo essere evaso dal carcere di massima sicurezza di Pentridge, a Melbourne.


A metà strada fra l'autobiografia e il romanzo, Shantaram è un libro che coinvolge, appassiona ed emoziona, fin dalle prime righe. Per raccontare la trama ci sono solo due modi, quello breve, in cui vi suggeriamo solo di cosa parla, e quello lungo, quello per cui dovremmo addentrarci nei mille incontri, avvenimenti, viaggi ed avventure del protagonista, cosa che non riusciremmo a fare in meno di dieci pagine. Uno dei migliori libri da leggere prima di un viaggio in India. Ma poi, perché privarvi dello stupore che vi coglierà ad ogni nuovo capitolo?


Il romanzo di esordio di Gregory David Roberts non merita di essere riassunto, va letto, e magari anche riletto. Ma qualcosa, ve la sveliamo lo stesso.


Shantaram, quando era ancora Gregory David Roberts


Oggi lo scrittore è un autore affermato e benestante, anche grazie ai diritti d'autore incassati dalla Warner Bros e da Johnny Depp, che li acquistarono per ben due milioni di dollari. Ma prima di tutto questo, Gregory David Roberts ha vissuto tante altre vite, passando da una all'altra con una facilità impensabile per la maggior parte del genere umano.

Da sempre fondamentalmente anarchico, Mr. Roberts conduce però una vita borghese abbastanza tranquilla, quando all'improvviso la moglie chiede il divorzio e gli porta via la figlia. Lui non regge al colpo e in poco tempo diventa un tossicodipendente, dedito alle rapine per acquistare eroina. Ma non pensiate che sia un delinquente qualsiasi: in patria era conosciuto come il “ladro gentiluomo” per la sua curiosa abitudine di dire “per favore” e “grazie” alle persone che derubava. Potrà sembrare strano, ma non lo è, perché fedele al suo credo anarchico, come ha detto in un'intervista, lui non ha mai infranto la legge, ha semplicemente “rotto l'alleanza con la società”.


Una società che però non perdona e che quando lo arresta, lo condanna per rapina a 23 anni di carcere. Troppi per un uomo del genere. Così evade dal penitenziario, si procura un passaporto falso e fugge a Bombay. Perché Bombay? Ricordate, lui è australiano e l'India è il paese più a portata di mano per chi intende scappare dall'Australia. Sia come sia, si ritrova nell'attuale Mumbai ed è proprio in questa città che prende le mosse Shantaram, il cui significato è “uomo di pace, portatore di luce”, oltre ad essere l'appellativo con cui viene chiamato nei bassifondi degli slum che frequenta.


Turista, medico, amante, affiliato allo mafia, guerrigliero, contrabbandiere, sono tante le facce di Shantaram, che una volta arrivato in India smette di essere Gregory David Roberts e diventa per tutti Linbaba, Lin per gli amici. Amici che gli consentiranno di entrare davvero nella cultura indiana ed ambientarsi in un paese che, se guardato con occhi privi di pregiudizi, restituisce tutto il caldo abbraccio di una comunità che ha fatto dell'amore, della condivisione e della fratellanza il suo faro illuminante.


Una vita difficile, fra verità e finzione


"La prima cosa che mi colpì di Bombay, il giorno del mio arrivo, fu l'odore diverso dell'aria. E' l'aroma impregnato di sudore della speranza, è l'aroma acre e soffocante dell'avidità, è l'azzurro aroma di pelle del mare. Fiuti il trambusto, il sonno ed i rifiuti di sessanta milioni di animali, in gran parte topi ed essere umani. Fiuti lo struggimento, la lotta per la vita, i fallimenti cruciali e gli amori che creano il nostro coraggio." L'impatto con la città indiana è potente, così come lo è per tutti i visitatori che vi sbarcano per la prima volta, ma lui non si perde d'animo.


Ma i soldi durano poco e il protagonista si trova a dover fare i conti con le difficoltà della sopravvivenza, aiutato però dall'amico Prabaker, che lo introduce negli slum e lo incoraggia a sopravvivere come medico, grazie a qualche nozione imparata durante gli anni della tossicodipendenza e del carcere. Da qui in poi, sarà tutto un susseguirsi di vicende ingarbugliate, che culmineranno nella guerriglia al soldo dello stato islamico. Vicende talvolta davvero incredibili, che hanno scatenato una ridda di polemiche: Shantaram è una storia vera? La risposta è: un po' sì, un po' no.


Come ha più volte spiegato l'autore, la maggior parte dei personaggi è ispirata a persone reali, che in qualche modo lo scrittore ha conosciuto nei 10 anni della sua latitanza, ma questo non significa che ogni fatto sia accaduto esattamente per come è stato raccontato.


L'impianto è reale, l'autore ha davvero vissuto in quei luoghi, si è davvero mantenuto facendo il contrabbandiere, ha veramente trafficato con la mafia e di sicuro è stato in Afghanistan a combattere al fianco degli stati islamici. Ma poi c'è la parte romanzata. È giusto che sia così e non toglie un grammo di pathos alla lettura, che anzi se ne nutre.


La visione del mondo di Shantaram

Nonostante sia il racconto di un uomo in fuga e che sia denso di avventure al limite dell'incredibile, il libro offre spunti di riflessione interessanti. Sentite qui: “Erano poveri, stanchi e preoccupati ma erano indiani, e ogni indiano è pronto a dirvi che anche se l'amore non è stato inventato in India è qui che ha raggiunto la perfezione. E' così che questo posto pazzesco sta insieme - grazie al cuore. Duecento fottute lingue diverse e un miliardo di persone. L'India è il cuore. E' il cuore che ci tiene insieme."

Questa serie di affermazioni, oltre ad essere una dichiarazione d'amore per l'India, sono il fulcro intorno a cui ruota l'intero romanzo: l'amore. Lo scrittore è in cerca di una nuova famiglia, di nuovi rapporti umani e li trova nella rete di relazioni intrattenute con i personaggi più disparati. Non importa che siano buoni o cattivi, il confine fra bene e male è molto labile: ciò che importa è la lealtà, l'amicizia su cui si può contare nei momenti più difficili.


Inoltre, il libro è pieno zeppo di riflessioni filosofiche sull'esistenza, alcune anche riviste in chiave politica, come questa: “Non so cosa mi spaventa di più, il potere che ci schiaccia o la nostra infinita capacità di sopportarlo.” D'altronde l'autore è sempre stato attratto da idee radicali, fin dalla più giovane età, un retaggio ideale che si respira in ogni pagina del romanzo, soprattutto nella parte finale, quella in cui imbraccia il mitra e parte per combattere una causa che non è la sua.


Insomma, un'autobiografia magari rivisitata e romanzata, ma ugualmente potente e affascinante. Mille vite in dieci anni, prima di venire riacciuffato dall'Interpol ed essere riportato a casa per scontare la pena residua. Ma siamo convinti che in fondo in fondo, lo scrittore non si penta di nulla, anzi, che sia felice di ciò che ha vissuto. Almeno quanto lo sarete voi, dopo aver letto questo monumentale romanzo.




“Sia in India che in Italia ogni uomo diventa cantante quando è felice e ogni donna ballerina quando va a fare la spesa dietro casa. Per questi due popoli il cibo è musica nel corpo, e la musica cibo nel cuore”.


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